Recensione: Come il vento tra i mandorli di Michelle Cohen Corasanti


Titolo: Come il vento tra i mandorli
Titolo originale: The almond tree
Autore: Michelle Cohen Corasanti
Traduzione: Alice Pizzoli
 Data di pubblicazione: 8 ottobre 2015
Genere: Narrativa
Editore: Feltrinelli
Pagine: 386


TRAMA


“Non si può vivere di rabbia, figlio mio”

“Mi arrampicai sul nostro mandorlo: Abbas e io l’avevamo soprannominato Shahida, testimone, perché passavamo così tanto tempo tra i suoi rami a guardare gli arabi e gli ebrei che ormai era un compagno di giochi, e si meritava un nome. L’ulivo a sinistra di Shahida era Amal, speranza, e quello a destra era Sa’dah, felicità.” Palestina, metà degli anni cinquanta. Mentre il conflitto arabo-israeliano infiamma, Ichmad scopre per la prima volta la violenza e la paura. La sua famiglia viene costretta dall’esercito israeliano a trasferirsi in un misero fazzoletto di terra rallegrato soltanto da una pianta di mandorlo, unica fonte di sostentamento e ristoro. Ma i problemi non sono finiti: quando il padre di Ichmad viene imprigionato con l’accusa di aver nascosto delle armi, spetta al primogenito prendersi cura della madre e dei fratelli. Ichmad deve trovare un lavoro, e in fretta. Suo unico conforto, il mandorlo in fondo al giardino. Anno dopo anno, ingiustizia dopo ingiustizia, i suoi fratelli soccombono all’odio verso Israele, invece Ichmad lotta per dare un senso a ciò che lo circonda e, grazie alla sua intelligenza matematica, vince una borsa di studio per l’università. Intanto il mandorlo resta lì, in fondo al giardino d’infanzia. Mentre la Storia fa il suo corso. Ichmad, ormai adulto, riesce a emigrare negli Stati Uniti e finalmente capisce cosa siano l’amore e il lutto, la rabbia e il perdono. E, riappropriandosi delle sue radici, finalmente ricomincia a sognare.


RECENSIONE


Nella storia i conquistatori si sono sempre comportati allo stesso modo con i conquistati. Hanno bisogno di crederci inferiori per giustificare il modo in cui ci trattano: se solo si rendessero conto che siamo tutti uguali…

Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. È con quest’amara verità che apro le mie riflessioni su una delle letture più belle fatte nel mese di aprile. La famosa massima che George Orwell fece pronunciare al capo dei maiali ne La fattoria degli animali è la dimostrazione lampante di come l’uguaglianza non è mai stata – e non sarà mai – un obiettivo raggiungibile dalla specie umana.

Più o meno tutti conosciamo una delle pagine più atroci della storia dell’umanità, ossia l’Olocausto. Ma non è così scontata la conoscenza approfondita di quanto avvenne pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: il conflitto arabo-israeliano. Io per prima mi reputo abbastanza ignorante in materia ma, poiché credo che i libri siano il modo migliore per approcciarsi a nuove conoscenze e osservare nuove prospettive, ho deciso di recuperare una lettura che mi aspettava già da un po’: Come il vento tra i mandorli.

È stato orribile leggere di come una vittima possa diventare carnefice, di come un popolo che aveva subito la follia di un altro per interessi economici sia stato pronto a macchiarsi di crimini terribili per le stesse motivazioni.

Siamo in Palestina, a metà degli anni cinquanta. Il pieno del conflitto arabo israeliano viene vissuto da Ichmad e dalla sua famiglia, le cui vicende seguiamo lungo un arco temporale che arriva fino al 2009. Ichmad ha tre sorelle e tre fratelli e assieme a loro e ai genitori vive in una casetta di poche stanze. Un lusso, considerate le condizioni nelle quali gli arabi erano costretti a vivere. Un lusso che gli viene strappato via senza pietà quando il padre di Ichmad viene accusato di aver nascosto delle armi e condannato al carcere. E così quella piccola casa, limitrofa a un campo di mine antiuomo, viene rasa al suolo. E non è concesso alla famiglia di un terrorista costruirne un’altra.

Mi ha fatto male al cuore leggere di un ragazzino che si trova a dover reggere sulle piccole spalle la sopravvivenza di un’intera famiglia. Ichmad inizia a lavorare per gli ebrei: giornate fatte di lavori manuali pesantissimi e ingiurie continue, tutto per pochi spiccioli. Notti trascorse nell’umidità di una tenda, dove stavano ammassati in sei. E in tutto questo pochi istanti rubati alla vita quotidiana per dedicarsi allo studio, sotto l’ala di un anziano professore che aveva visto del talento nel ragazzo. Ichmad ama la fisica: i calcoli lo aiutano a sopravvivere, a tenere fermo davanti a sé un obiettivo per il quale lottare con le unghie e con i denti.

Passano gli anni e le ingiustizie che la sua famiglia e il suo popolo sono costretti a subire non si contano più. Ma Ichmad non perde mai il supporto del suo papà, che lo incita a non mollare e studiare, per il suo futuro e per quello della sua famiglia. Riesce a vincere una borsa di studio e a frequentare l’università, riesce a non soccombere all’odio per Israele, che invece avvelena anno dopo anno la vita dei suoi fratelli.

Su tutti loro, spettatore silenzioso della tragedia, un mandorlo, i cui frutti sono stati l’unico alimento a sostentarli nel tempo. E le cui radici sono talmente profonde da mantenere ben saldo il legame di Ichmad col suo villaggio e la sua famiglia, anche quando la vita lo porterà a emigrare negli Stati Uniti.

Come il vento tra i mandorli è un libro che vi consiglio con tutto il cuore, sia per la storia narrata che per lo stile narrativo dell’autrice. Non so voi, ma quando la fantasia letteraria trova il modo di inserirsi in uno sfondo terribilmente reale e arrivare a scuotere gli animi e le coscienze, io sono convinta che abbia assolto il suo compito più alto.



A PROPOSITO DELL'AUTRICE:
Michelle Cohen Corasanti ha una laurea in Studi sul Medio Oriente conseguita presso l’Università ebraica di Gerusalemme e un master a Harvard. Inoltre, è avvocato specializzato in diritto internazionale e in diritti civili. Ebrea americana, ha vissuto per sette anni in Israele, poi in Francia, Spagna, Egitto e Inghilterra, e attualmente abita a New York con la sua famiglia. Ha fondato The almond tree project, un’associazione che promuove il dialogo tra israeliani e palestinesi tramite letteratura, musica e teatro.




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