Recensione: Come Questa Pietra


Titolo: Come Questa Pietra
Autore: Alessandro Sanna
Data di pubblicazione: 26 marzo 2019
Genere: Libri illustrati
Editore: Rizzoli

TRAMA

"Le mani pensano in direzione diversa dalla mente; sono più audaci e impertinenti; come gli animali lasciati liberi che non si allontanano subito e restano lì a vedere cosa fa l'uomo. E così ho dipinto, sulla stessa carta che toccate, un visionario viaggio."

RECENSIONE

All’origine di queste pagine esiste un viaggio in cui ho provato a far vivere, in forme dipinte, le poesie di Ungaretti, Apollinaire, Hemingway, Mandelstam, e altri.
Mentre cominciavano a prendere forma le scene e i luoghi della Grande Guerra, la mia mente chiedeva di vedere al di là delle macerie di un unico conflitto, dentro un solo tempo e un solo spazio. E insieme alla mente sentivo già prevalere le ragioni delle mani per raccontare la storia delle guerre dell’umanità.

Questa recensione non poteva che iniziare con le stesse parole di Alessandro Sanna, autore e illustratore pluripremiato, che ci ha fatto dono di un libro davvero prezioso.

E, in effetti, si tratta di una recensione che non lo è pienamente, in quanto molto di ciò che dirò deriva dall'aver vissuto in prima persona un evento che serberò caro: l’autore che parla del suo libro dal vivo, in una presentazione a Milano.
Nello spazio nuovo e vivace della libreria indipendente Noi, aperta lo scorso 6 aprile a Milano e che si occupa solo di illustrati, Alessandro Sanna ha dialogato con Ivan Canu, illustratore e direttore del Mimaster di Illustrazione di Milano.

È stato sorprendente ma anche intrigante scoprire sin da subito che Alessandro Sanna ha iniziato questo progetto grandioso senza avere un’idea ben precisa in mente, se non quella suggerita dalle illustrazioni più belle dell’intero libro, in cui una mano in primo piano posiziona tanti omini a cavallo su un campo di battaglia: quegli omini non sono disegnati, ma il frutto di stampini come quelli che usano i bambini per imprimere un’immagine su un foglio. Di qui, il vero senso dietro l’opera: onde evitare di lasciarsi sopraffare da una tematica così imponente, l’autore ha deciso di guardare la guerra attraverso gli occhi di un bambino che gioca a farla. Un bambino che usando i soldatini o simulando una pistola che spara è pienamente preso dall’azione, credendo fermamente in quello che mette in atto: la guerra è dunque pianificazione, ferrea credenza in quello per cui si combatte ma anche improvvisazione e tornare in sé passato il momento più tragico.
Quelle stesse immagini avevano dato adito a diverse interpretazioni, come ha ammesso Alessandro Sanna: in molti vi avevano visto la mano del Divino, un Demiurgo che dall’alto osserva le azioni umane. Personalmente, avevo visto in essa la mano dei potenti, che muovono sulla scacchiera del campo di battaglia le pedine debitamente indottrinate alla credenza di compiere azioni atroci per una giusta causa.
Ma forse il bello di un’immagine è proprio questo: al di là di chi l’ha dipinta, essa rimane scolpita nello sguardo di chi la osserva per ragioni tutte sue, rendendola di fatto memorabile per i motivi più disparati. E scorgendo quasi una titubanza da parte dell’illustratore nel rispondere alle domande che gli venivano poste sul libro, sono giunta alla conclusione che non sempre è necessario motivare un’emozione. Lui – nello specifico – ha scelto di seguire la sua mano, l’ispirazione del momento, prendendo spesso le distanze da ciò che stava illustrando. Quali che siano le ragioni, i suoi dipinti hanno una carica emotiva fortissima, che solo sfogliando il libro nell’intimità di un momento privato e riflessivo si riesce a cogliere appieno.

Come questa pietra è suddiviso in cinque parti, quasi a indicare dei capitoli, sebbene sia evidente cogliere nei disegni una continuità che lega ognuna delle sezioni. Esse sono: l’uomo, il fuoco, il mare, il cielo e l’infinito; da illustrazioni molto essenziali, che ricordano quasi le pitture rupestri, si passa a un pathos che cresce sempre di più, fino a giungere alla storia contemporanea.
Il Novecento è chiaramente riconoscibile attraverso le guerre che l’hanno caratterizzato, ma appare evidente l’assenza di esseri umani che via via diviene sempre più marcata e forse per questo di impatto visivo ed emotivo ancora maggiore.
Il dipinto di una donna che osserva una mostra di opere d’arte, successivamente colpite e distrutte, è devastante: non è collocata in un preciso periodo storico, né fa riferimento a un determinato avvenimento accaduto.
Ma il messaggio che si cela, evidenziato da Ivan Canu, lascia riflettere moltissimo: osservando o venendo a sapere di un’opera d’arte distrutta – sia essa un dipinto o un monumento – siamo naturalmente indotti a inorridire quasi più che di fronte alla notizia di un omicidio. E una motivazione a tutto ciò – che ho riscontrato anche in me stessa – potrebbe risalire al fatto che un’opera d’arte viene considerata un patrimonio imperituro, destinato a sopravvivere alla caducità della vita umana, e pertanto distruggerla risulta un atto più devastante rispetto all’omicidio di un essere umano che è destinato comunque a morire.


L’emozionante incontro è durato ben oltre l’orario previsto, ma nessuno osava farlo notare, né credo che ci si sia resi conto di questo prima di guardare l’orologio, a presentazione ultimata. E questo perché le tematiche toccate sono state talmente tante – e i discorsi venuti fuori talmente densi – da non riuscire a ingabbiare tutto nell’ora canonica che si dedica a questi eventi. Alle spalle degli illustratori, immancabili sono state le proiezioni delle immagini all’interno del libro, a fare allo stesso tempo da protagoniste e da sfondo alle riflessioni e agli interventi.

E per concludere in bellezza, una dedica sui generis: ho osservato Alessandro Sanna, a pochi centimetri da me, abbozzare un’immagine in pochi secondi. È talmente ben calata nel contesto da avermi dato l’impressione che sia stata sempre lì. Ma, sotto di essa, ci sono poche parole che mi faranno rivivere quel momento ogni volta che fisserò quell’immagine: “Per Veronica. Alessandro Sanna”.


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