Jefferson di Jean-Claude Mourlevat


Titolo: Jefferson
Autore: Jean-Claude Mourlevat
Traduzione: Bérénice Capatti
Illustrazioni: Antoine Ronzon
Data di pubblicazione: 18 giugno 2019
Genere: Giallo
Editore: Rizzoli
Pagine: 222



È un mattino qualunque a cambiare per sempre la vita di un giovane porcospino.
Jefferson Bouchard de La Poterie si è svegliato di ottimo umore e, dopo aver finito di riordinare la casa e preparare il pranzo per il suo ritorno, si avvia canticchiando dal parrucchiere. Ha deciso di andare a sfoltirsi il ciuffo di cui va tanto orgoglioso, ma in realtà a renderlo trepidante è l’incontro con la dolce Carole, la nipote del signor Edgar. Uno dei momenti più deliziosi della vita di Jefferson è proprio quello in cui la giovane gli fa lo shampoo, con delicatezza e competenza. Sebbene infatti il porcospino sia molto soddisfatto della sua casa, del suo rapporto col migliore amico Gilbert e degli studi in geografia che ha intrapreso, a volte la solitudine gli pesa molto e non gli dispiacerebbe affatto invitare fuori Carole e, perché no, farne la sua fidanzata.

Distratto com’è da questi pensieri, si accorge solo in extremis della macchina guidata da due umani a tutta velocità, che rischia di investirlo nel suo tragitto verso la città. Convinto di averla scampata bella, solo quando giungerà da In-Taglio prende coscienza che quel giorno apparentemente tranquillo è in realtà il preludio a qualcosa di nefasto. Dopo aver tentato invano di bussare alla porta del negozio stranamente chiusa, Jefferson decide di intrufolarsi all’interno da una finestra sul retro, ed è in quel momento che accadono due cose inaspettate: nota che il buon parrucchiere è stato assassinato con un paio di forbici piantate nel petto e, quando peccando di ingenuità le tira fuori, viene travolto dalle urla della capra che si era addormentata in attesa che la tinta per capelli facesse effetto.
“Hiiiiiiiii! Aiuto! Hiiiiiiii! All’assassino!” grida la capra, e a nulla valgono le spiegazioni che cerca di fornirle Jefferson, che infine fugge via, terrorizzato.

Accusato di omicidio, il piccolo porcospino vedrà come unica alternativa alla prigione quella di svolgere una personale indagine alla ricerca del vero colpevole, supportato dal migliore amico Gilbert. La polizia e l’opinione pubblica sembrano ormai certi della sua colpevolezza, fomentati dalle dichiarazioni false della signora capra, che aggiunge di volta in volta particolari alla scena, tanto agghiaccianti quanto totalmente frutto della sua immaginazione.

Nel tentativo di dimostrare l'innocenza del porcospino, inizierà per Jefferson e Gilbert un’avventura che li condurrà nella città vicina, abitata dagli umani: molti indizi infatti sembrano dimostrare un collegamento tra la morte del povero tasso e gli esseri umani.

Stavano tornando in camera quando l’impiegato alla reception li interpellò, con il sorriso sulle labbra e lo sguardo beffardo: «Allora, questa serata Scarabeo?».
Forse pensava che quegli strani clienti sapessero a malapena leggere e scrivere.
«È andata bene» rispose Jefferson, «grazie.»
«Avete trovato parole molto lunghe?»
«Sì, io ho trovato SOLIDARIETÀ.»
«Senza una z né una w, mi sa che non faccia ottenere molti punti.»
«Sì, invece» fece Jefferson, «può far ottenere molto. Buona notte, signore.»

In un giallo adatto dai dieci anni in su, Jean-Claude Mourlevat narra una storia di amicizia e solidarietà, ma anche di atrocità e ingiustizie.
Con sguardo a volte tenero e a volte spietato, si interroga e ci fa riflettere sul nostro rapporto con gli animali, e su quanto sia sempre deleterio considerare le minoranze – o altre specie, come in questo caso – inferiori. Il passo da questo a operazioni indegne per inculcare la propria idea di civiltà, condite da una buona dose di deresponsabilizzazione – derivata proprio dal presunto senso di superiorità – è infatti tristemente breve, come la Storia ci insegna.

È necessario aggiungere altro, per farvi notare gli svariati motivi per cui ritengo che i libri per ragazzi debbano essere letti anche dagli adulti? Molto spesso bastano parole semplici e uno sguardo ingenuamente schietto per farci rendere conto di stare enormemente sbagliando. 
E per darci la spinta a intraprendere un’altra rotta.

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