Ti Rubo la Vita di Cinzia Leone


Titolo: Ti Rubo la Vita
Autore: Cinzia Leone
Data di pubblicazione: 12 febbraio 2019
Genere: Narrativa 
Editore: Mondadori


TRAMA

Vite rubate. Come quella di Miriam, moglie di un turco musulmano che nel 1936 decide di sostituirsi al mercante ebreo con cui è in affari, costringendo anche lei a cambiare nome e religione. A rubare la vita a Giuditta nel 1938 sono le leggi razziali: cacciata dalla scuola, con il padre in prigione e i fascisti alle calcagna, può essere tradita, venduta e comprata; deve imparare a nascondersi ovunque, persino in un ospedale e in un bordello. Nel 1991, a rubare la vita a Esther è invece un misterioso pretendente che le propone un matrimonio combinato, regolato da un contratto perfetto... Ebree per forza, in fuga o a metà, Miriam, Giuditta ed Esther sono donne capaci di difendere la propria identità dalle scabrose insidie degli uomini e della Storia. Strappando i giorni alla ferocia dei tempi, imparano ad amare e a scegliere il proprio destino. Una saga familiare piena di inganni e segreti che si dipana da Istanbul ad Ancona, da Giaffa a Basilea, da Roma a Miami, dalla Turchia di Atatürk all'Italia di fine Novecento, passando attraverso la Seconda guerra mondiale e le persecuzioni antisemite, con un finale a sorpresa. Un caleidoscopio di luoghi straordinari, tre protagoniste indimenticabili e una folla di personaggi che bucano la pagina e creano un universo romanzesco da cui è impossibile staccarsi. Cinzia Leone ha scritto un romanzo unico, generoso e appassionante, di alta qualità letteraria e innervato da un intreccio che fugge in volata, rapendo l'immaginazione del lettore. Un libro che, nella gioia della narrazione, riflette sulla storia, l'identità, la tolleranza.

RECENSIONE

Proiettato nel futuro delle generazioni che gli sarebbero succedute, il suo passato scabroso per un istante lo spaventò. Ma Avrahàm non aveva mai guardato oltre l’istante. Chissà quali segreti custodivano gli antenati di ciascuno: tradimenti, delazioni, violenze, inganni. E quale vantaggio ci sarebbe nel conoscerli? Ognuno ha i suoi silenzi, i suoi vicoli ciechi e i suoi peccati. La verità è un’inutile complicazione.

Denaro, prestigio, farsi un nome. Non sono forse tre elementi propedeutici l’uno agli altri nell’immaginario collettivo?
È proprio su queste basi che poggia l’intricato universo di personaggi che popolano il romanzo di Cinzia Leone. Per l’errore di uno, le future generazioni pagheranno. Per l’errore della Storia, un’umanità intera pagherà.
A cavallo della Seconda Guerra Mondiale, ci ritroviamo catapultati in posti del mondo diversi, con differenti punti di vista accomunati però da un unico filo conduttore: la resistenza di tre donne ai capricci degli uomini o alla follia del periodo storico in cui hanno vissuto.

Miriam, fedele moglie di un turco musulmano, con una splendida bambina a cui ha donato il nome del suo fiore preferito, Jasemin. L’idillio dei primi anni di matrimonio viene ben presto sostituito da uno sconosciuto che non è più suo marito, perché mai l’uomo che ha sposato ruberebbe l’identità di un famoso mercante ebreo con cui è socio in affari pur di accaparrarsi l’intero profitto di una partita di cotone pregiato. E mai costringerebbe sua moglie e sua figlia a improvvisarsi moglie e figlia dell’ebreo in questione, rubando l’identità e la vita anche a loro. Eppure è proprio quello che accadrà. Ma Miriam rimarrà fedele a se stessa: impossibilitata a fuggire con la sua bambina, rifiuterà comunque l’imposizione del marito, mantenendo saldi il suo vero io e la sua fede.

Giuditta, ebrea italiana che nasce e vive in un’epoca in cui esserlo equivaleva a un peccato mortale. Con una madre malata di cancro e un papà anarchico al confino, lei e suo fratello sono costretti a crescere di decenni in pochi anni per sfuggire alle leggi antisemite prima e alla deportazione poi. Da Ancona a Roma, la loro vita si svolge all’insegna della fuga, rimettendosi nelle mani di ebrei come loro o alti funzionari di stato che dovevano favori al loro padre.

 I drammi si consumano dentro bolle di disperazione, tutto intorno la vita è quella di sempre. Talvolta anche peggiore.
Alle due del pomeriggio il Ghetto era vuoto. Roma, città aperta, si era lasciata strappare i suoi ebrei.

In una delle pagine più mostruose della Storia dell’Umanità, Giuditta non perde di vista i suoi sogni e i suoi diritti, anche se essi le vengono strappati via a forza da chi non ne aveva alcuno per farlo. Fuggitiva, ma mai sottomessa. Derubata degli anni migliori, costretta a fare la contadina, la bambinaia, a rifugiarsi nella cantina di un bordello o in una stalla in pieno inverno con i soli vestiti che portava addosso a proteggerla dal gelo, ma viva di un carattere solido e incrollabile.


Esther, metà ebrea e metà cristiana. Una vita all’insegna del sentirsi costantemente divisa all’interno di se stessa, una vita alla ricerca di qualcosa che, passati i 30 anni, non è ancora riuscita a trovare. Un matrimonio fallito alle spalle, diverse relazioni naufragate anch’esse, conduce una vita isolata, nella sua camera oscura.
Nell’Italia dei primi anni ’90, quando ancora i filtri fotografici e le app miracolose erano inesistenti, Esther lavora come fotografa professionista ed è famosa per donare alle fotografie la perfezione che le rende degne di una rivista patinata. Ciò che di bello e perfetto non riesce a trovare dentro di sé lo dona agli altri con le sue abilità lavorative.

“Pizza e Apocalisse”. Quel nomignolo le calzava come un guanto, anzi due. Da una parte il piacere e dall’altra la paura. Da una parte la leggerezza scanzonata di suo padre, dall’altra la profondità e l’aura di pericolo che circondava sua madre. Il destino di Esther era essere due in uno, sempre e comunque.

La proposta tanto inaspettata quanto inquietante di un avvocato che le propone il contratto matrimoniale perfetto le fa mettere in discussione la sua intera esistenza. Nessuna passione, nessun turbamento o follia dovuti alla volubilità dell’amore, solo un accordo tra due persone che si daranno del lei fino al giorno del matrimonio e la certezza di un legame che non sarà soggetto ad imprevisti. Sua la decisione, sua la responsabilità che deriverebbe dal firmarlo: anche in questo caso, una vita in balìa di qualcun altro qualora accettasse.

Cosa lega queste tre donne? Come i loro destini si intrecciano tra Istanbul, Giaffa, Ancona e Roma attraverso i decenni? Tre generazioni di donne, tre periodi storici e contesti culturali differenti, un’unica forza nel contrastare i dettami altrui e l’imposizione di regole che vorrebbero smettessero di essere ciò che realmente sono.
Un’ebrea per costrizione, un’ebrea per caso, un’ebrea a metà: Cinzia Leone ha magistralmente messo nero su bianco i turbamenti di tre donne destinate a rimanere indelebili nel cuore di chi le legge.
Ti rubo la vita è un’opera di narrativa di altissimo livello: oltre 600 pagine costellate di personaggi delineati alla perfezione, con una trama articolata e documentata e un intreccio credibile e ben strutturato.
Il finale è stato in grado di mettere ogni tassello al posto giusto, l’epilogo mi ha sorpresa grazie ad un punto di vista narrante del tutto inaspettato.

Il mio consiglio è quello di assaporare questo romanzo pagina dopo pagina, cogliendone i densi dettagli e prendendovi il tempo di assimilare e fare vostre le storie delle tre protagoniste.
Assolutamente da leggere.




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